sabato 22 aprile 2023

Cavatelli con le cime di Ramolaccio e pangrattato

Ingredienti: 500 gr di cime di ramolaccio, 50 gr di pangrattato, 400 gr cavatelli, aglio, olio, sale, peperoncino.

Del Ramolaccio vanno prese l'estremità dello stele fiorale poco prima che questo fiorisca. Meglio tagliarle con un coltellino affilato. A casa vanno pulite delle foglie più dure e nel caso si possono sfilettare come si fa con broccoletti. Ma non sempre serve perché di solito sono molto teneri. 


Quindi si lavano con abbondante acqua per eliminare l'eventuale polvere e qualche animaletto che spesso vi si annida. Bollirli quindi in abbondante acqua salata per circa venti minuti.



Scolateli bene e metteteli da parte, mentre in una capace pentola far soffriggere in olio d'oliva uno spicchio d'aglio e un pezzetto (a piacer vostro di peperoncino).



Una volta soffritto, togliete gli spicchi d'aglio (nella pentola ho aggiunto anche un "trinchetto" di aglio orsino) e aggiungere le cime di ramolaccio facendole insaporire per bene. Nel frattempo buttate la pasta nell'acqua bollente e salata e su un altro pentolino fate friggere in olio un paio di cucchiai di pane grattugiato.


Cotto che è la pasta scolatela nella padella dove è la verdura e ripassatela per un paio di minuti rigirandola spesso. alla fine aggiungere il pangrattato fritto e servire.







venerdì 21 aprile 2023

Ramolaccio, Broccoletto selvatico, Ravanello selvatico, Emulata, (Raphanus raphanistrum L. subsp. landra, Moretti ex DC)

Del ramolaccio ne abbiamo già accennato quando parlammo del pratone al tempo del Covid. E' una pianta rustica dal portamento eretto con, al centro, un cespo voluminoso e carnoso composto dai nuovi germogli. Una buona descrizione della pianta la potete leggere qui:

https://www.actaplantarum.org/flora/flora_info.php?id=6407 

Qui potete vedere l'immagine di una pianta a inizio primavera con lo stele fiorale che si sta ergendo dal centro della pianta. 


I giovani boccioli (a guisa di cime di rapa) sono la parte più interessante della pianta, dal punto di vista gastronomico. Ma si utilizzano anche le foglie dopo che sono stati eliminati gli steli duri e legnosi.




giovedì 20 aprile 2023

Cardoncelli in salsa d'uovo

Si tratta di una rielaborazione di ricette molisano/pugliesi in molte delle quali i cardoncelli previamente lessati, vengono aggiunti a capretto stufato in pentola. Quindi il tutto è mantecato con una salsa a base di pecorino e uovo battuto. Il piatto è tipico della Santa Pasqua perché solo in quel periodo è possibile reperire la materia prima. Non ho mai mai assaggiato questo piatto, ma ho mangiato qualche cosa di simile in Grecia, dove la salsa Uovo e limone (ma senza formaggio) si chiama Salsa Avgolemono e anche qui da noi ricordo che mia madre in qualche pranzo Pasquale ci ammanniva abbacchio carciofi in salsa d'uovo e limone.

Comunque bando alle ciance, procuratevi una chilata di cardoncelli, due uova, 80 grammi di parmigiano o pecorino (il grado di "forza" del pecorino da usare dipende da voi) e tanta sacrosanta pazienza. Pazienza che vi servirà a pulire i cardi dalle loro foglie e spine e possibilmente di qualche filamento e pellicola membranosa. Ma, come vedrete, le foglie non sono molto fibrose. Alla fine della pulizia quello che otterrete è circa questo:


Dividete ogni stelo in tronchetti di circa 8 - 10 cm e lavateli in acqua con poco bicarbonato (dicono che ammorbidiscono i gambi, ma secondo me se ne può fare a meno).


Bollire in acqua leggermente salata per circa mezz'ora. Scolate e lasciate raffreddare.



Ultimo atto, mettere sul fuoco una padella con poco olio (se volete una piccola noce di burro) e saltate gli steli fino a che non perdano buona parte dell'umidità. Aggiungete quindi la salsa composta dal formaggio grattugiato e due uova ben sbattute insieme. A questo punto, evitate la frittata ritirando la padella dal fuoco e girando il composto in modo continuo.
Servire immediatamente.




Cardoncello, Cardoncelle, Cardogna comune (Scolymus hispanics, Linneus 1724)

Il  cardoncello (Scolymus hispanics, Linneus 1724) è uno dei molti cardi che popolano l'Italia e il territorio dove vivo, vicino al lago di Bracciano. Mi sono detto come sia poco utile dare in questo blog anche un abbozzo di descrizione delle specie riportate. Così vi affido al web, dicendovi solo che è buona cosa partire da: 

https://it.wikipedia.org/wiki/Scolymus_hispanicus 


dove c'è una accurata descrizione della specie e poi da lì continuare a navigare per togliervi i vostri dubbi.


Ho trovato questa pianta nei pratoni invasi da cardo mariano attraversati da una strada che dal lago di Bracciano arriva fino a quello di Martignano. Non ci avrei mai fatto caso se non avessi visto una coppia, lui romano e lei ukraina, intenti a raccoglierlo. Molto gentilmente mi hanno fatto una breve lezione su come riconoscerla, pulirla e cucinarla. La pianta si presenta molto ostica a essere pulita e l'uso di guanti e di un coltellino ben affidato sono mandatori per portare a termine il lavoro. Mentre si lavorava alla raccolta e alla pulizia delle erbe, il discorso ovviamente cadde sulla guerra infamemente scatenata da Putin in Ukraina. La ragazza era da undici anni in Italia ma la tristezza di quello che stava succedendo la riportava alla guerra, alle stragi, alla Wagner,  all'angoscia indomita del suo popolo.


Ecco a voi una foto di una pianta appena colta






lunedì 2 novembre 2020

Borek con Preboggion

Per prima cosa definiamo Borek. Il borek è un "torta rustica" turca nella quale pasta fillo, o qualche cosa che ci assomiglia molto, funge da contenitore per verdure, formaggi o anche carne. E' molto presente in Turchia e possiede mille varianti sul tema in tutto il bacino levantino.

Per seconda cosa provo a dare una definizione del preboggion. Con questo termine genovese si indica una miscela di erbe selvatiche primaverili/autunnali che una volta cotta e mescolata con ricotta o cagliata serve per ripieno di pansotti o di torte pasqualine. La composizione non è univoca, così come nel caso della misticanza romana, e varia con il variare dei luoghi, della stagione e addirittura della situazione climatica durante la quale le erbe si raccolgono. Ovviamente serve una buona conoscenza delle erbe per evitare che alcune, con caratteristiche più marcate di altre (l'amaro della cicoria, la viscidezza della malva, etc) sovrastino le altre erbe. Insomma seppur schiavi del periodo dell'anno e dell'ambiente dobbiamo cercare di armonizzare le varie essenze. Qui potete trovare una buona descrizione dei possibili candidati per un corretto preboggion. Io ho solo osato fare un mischiume, sperando che gli eventuali lettori genovesi perdonino la mia "ὕβϱις".


Dopo accurata pulizia ho lessato tutto in acqua salata, tritato e ripassato con un filo d'olio in padella per asciugare un po' il  tutto. Ho aggiunto una analoga quantità di ricotta passata, pepe nero e una grattugiata di parmigiano.

 Mia moglie ha poi adagiato tre o quattro sfoglie di pasta fillo in modo consono per poterla arrotolare una volta riempita con il proboggion, e farne una spirale. Infornata per 25 minuti in forno statico non molto caldo, è stata - accompagnata da due famigliole (chiodini) due - la nostra cena. 

sabato 17 ottobre 2020

Salvastrella minore, Pimpinella, Meloncello, Erba perseghina (Rosaceae)

 Pimpinella, che confusione!!!

Un post di un lettore mi ha spinto a cercare di fare chiarezza sul nome comune "pimpinella". In realtà il lettore nel suo post faceva bene a rimproverarmi per l'uso di nomi comuni per definire una specie e decisamente questa storia della pimpinella gli da ragione. Questo è uno dei casi nei quali la sistematica "accademica" si scontra con la farmacopea popolare. Andiamo con ordine. 

Per pimpinella si intendono almeno tre piante moto diverse tra di loro e appartenenti addirittura a due famiglie differenti. La prima è quella descritta precedentemente nel mio sito come pimpinella romana (Tordylium apulum, famiglia  Apiacea) e corrisponde a quello che nella gran parte delle campagne e dei mercati romani si indica per pimpinella. 

Nella classificazione ufficiale esiste una Pimpinella anisum (Linneo, 1733) che corrisponde a quello che viene chiamato in volgare anice selvatica. E' una Apiacea, come la Tordylium, ma appartenente ad un altro genere.  Per finire, su molti libri e siti divulgativi, il nome è quasi esclusivamente associato ad una altra pianta ancora la Poterium sanguisorba (Linneo, 1753) che appartiene invece alle Rosaceae, inutile dire insieme a quale altra pianta. A complicare le cose il nome comune del Poterium è stato, non so come e non so quando mutato da pimpinella a quello di salvastrella minore che va ad aggiungersi a quelli regionali di meloncello o erba perseghina. Per ultimo, va detto che il Poterium ha come nomi volgari quello di "Pimpinella menor" in spagnolo e di "Petite pimprinelle" in francese. 


La salvastrella, quella nella foto, la ho raccolta proprio ieri in un prato vicino alla mia facoltà (morirò senza mai usare il termine macroarea per definire una Facoltà, come circolari burocratesi hanno sancito, subito dopo aver svuotato questa struttura di tutti i suoi attributi). La ho raccolta insieme a vari altre piante per comporre un preboggion (Misto di erbe selvatiche di origine genovese) la cui ricetta vi darò prossimamente.


martedì 13 ottobre 2020

Ali di pollo con riduzione di IPA ai coni di luppolo

 La ricetta - Chicken Wings - è presa dal libro Cooking With Hops citato precedentemente. In realtà è stata reinterpretata alla luce della cattiva spiegazione sulla quantità di luppolo da usare e anche per il fatto che non avevo jalapeno sottomano e ho usato al suo posto un peperoncino del mio giardino e ho messo un pochino meno della tazza di miele presente nella ricetta originaria. Ma sopratutto non ho fritto ma arrostito le ali di pollo.


Prima di iniziare due parole su cosa è la birra IPA. L'acronimo deriva da India Pale Ale, un tipo di birra inventata in Inghilterra all'inizio del 800' e inizialmente destinata alla esportazione per i britannici che vivevano in India. Per evitare che andasse a male durante il lungo viaggio, la birra era fortemente luppolata e subiva una doppia fermentazione che la rende mediamente più alcolica delle classiche birre Ale. Quindi già di partenza la ricetta parte da una birra fortemente amara, poi ne fa una riduzione rendendola ancora più amara e alla fine aggiunge altro luppolo che sottolinea ancora di più questo aspetto. 

 

Le ali le ho insaporite di salvia/rosmarino/aglio/timo/sale e succo di una arancia, quindi dopo una oretta di marinatura, adagiate su carta forno leggermente oliata e tenute la forno robusto per circa 45-60 minuti. 

A parte mi sono dedicato alla salsa. A 660 ml di una birra IPA è stata aggiunta mezza tazza (troppa) di coni di luppolo secchi. 







Ho fatto bollire tutto fino a ridurre il volume al 50% iniziale. Ho quindi aggiunto il succo di mezza arancia con parte della sua scorza, uno spicchio d'agliopeperoncino seccoe poi passato per un colino a maglie fini. Ho rimesso a ridurre l'infuso a base di birra e vi ho sciolto due cucchiai di miele. La grossa quantità di miele ha la duplice funzione di aiutare ad addensare la salsa e dare un po' di dolcezza per equilibrare l'amaro intenso che proviene dal luppolo e dall'IPA. 



Alla fine ho ottenuto uno sciroppo denso dal forte sapore amaro con note di aromaticità accattivante.



La ho servita insieme alle ali la cui caratteristica untuosità è stata completamente sradicata dall'amaro della riduzione. 



La prossima volta userò meno luppolo (forse il mio selvatico è troppo amaro) ma per il resto credo di essere sulla buona strada.