domenica 23 agosto 2020

Radicchio dell'orso - Cicerbita (Asteracee)

Chiudo questa serie di post figliati dalla nostra esperienza in baita, con una erba che non conoscevo e non avevo mai assaggiato. Trattasi del radicchio dell'orso (Lactuca alpina, Gray 1883), una pianta appartenente alla famiglia delle Asteracee che mi dice il Gino e, mi confermano i testi, spunta nei giorni successivi al ritirarsi dei nevai. 

La Cicerbita in Italia cresce principalmente lungo l'arco alpino nella fascia compresa tra i mille e i duemila metri. Ha portamento alto, fusto cavo e fiori blu come mostrato dalla immagine riprese dal sito 

http://www.aas3.sanita.fvg.it/it/azienda_informa/whatsaas3/171835_piantevelenose.html#prettyPhoto (Questo sito è una interessante rassegna a cura della ex ASL 3 del Friuli che, oltre a censire alcune piante spontanee eduli della regione, indica i possibili confondimenti che si possono generare con piante tossiche).

Del radicchio dell'orso si consumano i germogli, che nascono ai primi di Maggio e che si possono raccogliere se si seguono i canaloni dove la neve si scioglie. I germogli di queste piante poi evolveranno in una pianta assai differente da quella di un radicchio ma che in ogni caso non sono riuscito a individuare nei prati lì intorno. 



 Pare non essere molto comune e che sia sufficientemente appetito dalle persone e dagli orsi (???) da essere stato necessario regolamentarne la raccolta. Dice il Gino che può essere consumato fresco, ma che il massimo lo da quando, dopo rapida bollitura nell'aceto, è maturato sott'olio con aglio, ginepro, lauro e grani di pepe, per un minimo di due o tre mesi.  E così noi lo consumammo.

 

L'atto con cui, una sera, il Gino ci aprì uno di quei vasetti dove aveva messo a maturare nell'olio il santissimo radicchio fu accompagnato da ritualità tali da farci capire che ci si trovasse di fronte a una manifestazione di grande affetto nei nostri confronti.

Lo mangiammo con del pane non bevendoci altro che acqua della montagna. Era buonissimo.

 

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