Degli Striduli, che nei prati intorno alla baita del Gino crescono copiosi, abbiamo già parlato.
Stavolta ho sostituito la ricetta romagnola, ormai consolidata, con una minestra di mia invenzione. Avevo in mente
In pratica, una volta raccolti, ho tolto pazientemente le foglie dagli steli fino ad averne tre o quattro manciate.
Una volta che il soffritto aveva fatto il suo dovere ho aggiunto abbondanti le patate (due grandi per due).
Dopo breve rosolatura, aggiunsi le foglie dello stridulo. Siccome il tutto mi sembrava un po' troppo delicato per una serata buia in montagna, ho aggiunto anche un po' di foglie di tarassaco che con il suo amarognolo dette un po' di vigore al tutto.
Una volta che furono appassite le verdure, salai, aggiunsi l'acqua e portai a cottura sulla stufa a legna.
Sul piano di cottura della stufa feci bruscare del pane casereccio che servii con la zuppa.
Condito il tutto con olio a crudo e il pecorino stagionato anch'esso preso nella valle (Caseificio Turnario di Pejo), questo si di eccelsa qualità.
Note Finali
Di sicuro c'è ancora da lavorarci su. Prima di tutto meno liquido, forse più rosolate le patate. In ogni caso lo stridulo è erba delicata che forse è più adatta a trattamenti meno rudi.
Sia quel che sia la mangiammo con piacere con una bianco (portato da casa) della azienda Agricola Casale Marchese.
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