martedì 26 febbraio 2013

Misticanza romana - Introduzione I



Tra poco comincia la breve e intensa stagione della misticanza romana. Crescendo sarà buona cotta ma da ora fino a maggio si può mangiare cruda, magari condita, come faceva mia madre con la salsa delle puntarelle: alici, aglio, olio e aceto. Forse sono troppo estremista e sicuramente il periodo di raccolta si può allungare, togliendo nel caso qualche elemento che andando avanti con l'anno sarà diventato troppo coriaceo.

Misticanza vuole dire mescolanza e indica una insalata composta da varie erbe selvatiche mescolate insieme per dare una sinfonia di sapori, consistenze e odori. Per quello che so sulla misticanza sono debitore a varie persone, ad un paio di testi di botanica e a qualche sonetto. Nella Roma vecchia, la misticanza era indissolubilmente legata agli orti semi-selvatici che erano presenti nell'enorme perimetro delle mura aureliane, prima dell'arrivo dei piemontesi solo parzialmente abitato. C'erano invece i frati che portavano il giorno della questua le verdure selvatiche nelle case dei romani come ci ricorda il Belli: “Tu fatte lègge er libbro che cià er frate che porta er venerdì la mistocanza”. Lo stretto legame misticanza- Roma - frati è sottolineato anche dallo Iandolo (mio parente acquisito) che così scrive:


Misticanza d’indiviola
D’erba noce e de ricetta,
caccialepre e lattughella,
cò dù fronne de rughetta:
misticanza delicata,
saporita, profumata!
C’era ancora dentro er sole,
c’era l’aria frizzantina,
de quell’orto de li frati
sopra a piazza Barberina.

Ho avuto parecchi maestri e, come vedremo, maestre, dai quali ho imparato che non esiste la "misticanza perfetta" ma che la composizione in erbe è cosa dibattuta e sicuramente variabile nelle differenti parti del paese in base alla disponibilità e sicuramente al gusto. Ma noi rimaniamo nel Lazio e prendiamo come indicazione, per lo meno iniziale la poesia di Romeo Collalti, poeta romanesco a cavallo del secolo (quello passato) e noto per i suoi sonetti gastronomici. Ecco qua la composizione - probabilmente la più completa - della misticanza per Romeo Collalti:

La misticanza è un piatto che fa gola
L'armonia de' l'odori più perfetta:
Er crispigno, l'ojosa, la riccetta
L'acetosa, er crescione, l'indiviola

La cariota, un'inticchia de' ruchetta
Co' quella grinta sua che c'ha lei sola
L'erba noce du' fronne d'ascarola
Er piedigallo, un po' de' cicorietta

E metti caccialepre, lattughello
E piede de papavero e porcacchia
E metti bucalossi e pimpinella.

Fra tutte `ste verdure er monno è un prato,
E tu te ce scaprioli tra la pacchia
De `ste ghiottonerie che Dio c'ha dato.

Laconicamente, il mio collega botanico, Alessandro Travaglini, risponde così alla mia richiesta di lumi sul sonetto:


A Roma (nomi dialettali): piè di gallo (Chrysanthemum segetum), oiosa (Tordylium apulum), crispigne (Sonchus sp.pl.), piede di papavero (Papaver rhoeas), caccialepre (Reichardia picroides), cornetti (Silene vulgaris), raponzoli (Campanula rapunculus), cicoria o mazzocchi (Cichorium intybus), porcacchia (Portulaca oleracea), pimpinella o erba noce (Sanguisorba minor), acetosa (Oxalys sp. pl.), crescione (Nasturtium officinalis), indiviola (Cichorium endivia crispum), ruchetta (Eruca sativa), ascarola (Cichorium endivia latifolium), lattughello (Chondrilla juncea)
Di molte di queste specie si usano le foglie basali o le piante in fase di sviluppo vegetativo (germogli), della campanula foglie e radici.  Non è detto che si usino tutte le specie, se ne possono usare anche solo alcune.

Come avete potuto vedere, neanche l'esperto amico botanico è riuscito a capire cosa sia esattamentela riccetta e il bucalossi, mentre in alcuni casi (acetosa, crispigno e forse cicoria) indica come vedremo, un gruppo di specie affini.

Un altro poeta, Leonardo Spicaglia, questa volta della Tuscia così ci elenca gli ingredienti della misticanza in questo indimenticabile sonetto:



Quanno sapete che fa tempo bbello

annate in dove ce so' li prati sòdi,

co' 'na bbusta de plastica e un cortello.

Per arivacce ce so' tanti modi.



Ma er ppiù mejo sarebbe annà a pedagna.

Cominciate a cercà si tra l'erbetta 

ppe' caso ce sta quela che se magna.

Si, propio quela llì:  la cicorietta.



Ma si a voi nun ve piace er gusto amaro 

c'è er cacialepre co' la finocchiella 

er sucamèle co' 'n po' de paparo.



ppe' finì' de fa' la misticanza 

l'acido agretto de la pimpinella.

Ve fa bon sangue e fa calà la panza.

Le erbe sono più o meno le stesse del sonetto precedente con l'eccezione della finocchiella (Foeniculum vulgare, Miller) e del misterioso succamele (Forse la pugliese Sporchia ovvero la Orobanche crenata ma ne discuteremo dopo). Purtroppo il sonetto è "macchiato" nella sua poeticità dal terzo verso "con' 'na busta de plastica..." che francamente si poteva evitare. 
Ultimo sonetto che mi ha fatto da guida nella ricerca delle componenti base dell'insalata romana per eccellenza è quello di Benedetto Micheli


Primofior, grispigno, ogliosa,
piedigal, ruca e acetosa,
se riccoglie, in qua e là,
e se fa misticanzina
che magnalla una riggina
se potrebbe contentà

Qui l'erba misteriosa è rappresentata dal "primofior" che forse è la margherita marzolina, edibile se non eccelsa.

Finisco questo post introduttivo dicendo che è mia presunzione un processo di codificazione di questa profumata insalata, per cui nel blog eliminerò e aggiungerò a mio insindacabile parere le erbe dei miei prati e della mia anima.


2 commenti:

  1. il bucalozzi, a mio avviso, è la buglossa (Anchusa officinalis) detta anche bucalozzi o sugamele. ciao.

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  2. bella ed interessante raccolta di poesie sulla misticanza, quella che adesso vendono al mercato vicina a casa mia non è nemmeno l'ombra di quelle citate

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