Con mio padre, l'ultima
passeggiata nei boschi, la feci alle macchie di Monte Romano a Trevignano.
Andammo a prendere gli asparagi selvatici di cui lui andava ghiotto. Lui aveva,
già da un paio d'anni, un cancro al polmone, ma non lo sapeva. Ma io si. Ci sarebbe
morto il giorno prima di compiere 91 anni, un anno e un paio di mesi dopo
quell'ultima passeggiata. Diceva che faticava troppo a inerpicarsi per quelle
vallette, che gli mancava il fiato. Io lo schernivo dicendogli che, un po' di
fiatone a novant'anni, sopratutto in salita, era giustificato. Sapevo che non
poteva essere la lesione, che all'epoca era ancora una nocciolina posta proprio
sotto la pleura, ma solo la solita mania a lamentarsi che lo contraddistingueva.
Fummo fortunati quel giorno, non solo perché di asparagi ne trovammo un bel po'
ma anche perché ad un certo punto cominciammo a sentire i versi di un fagiano
in amore. Era il tempo suo, scherzammo e non più il tempo nostro, per fare i
galletti in giro pei boschi. Mio
padre non portava gli occhiali ne' da vicino ne' da lontano. Siccome gli dava
fastidio piegarsi, mi indicava i polloni da lontano e io li coglievo,
recidendoli con un coltellino opinelle affilatissimo che lui portava sempre con
se. Ogni volta che mi abbassavo, mi diceva: "batti, che le vipere si
stanno svegliando". E già a fine febbraio-inizio marzo le ghiandole del
veleno sono gonfie ma le vipere, che di solito scappano al sentire qualunque
fruscio, sono ancora intorpidite dal freddo e possono rispondere in modo
inusuale a vedere una mano che si avvicina tra le piante del loro regno.
Tenetelo presente e battete la zona con un bastone prima di infilarci la mano
dentro.
Dedico a papà questa
ricetta che a lui non sarebbe piaciuta molto (lui amava frittata e pasta con
gli asparagi), perché troppo macchinosa, ma che invece è stata gradita un bel
po' dalla mia famiglia.
Ingredienti
Un mazzetto di asparagi
che avrete trovato in una bella mattinata di fine inverno-inizio primavera,
mezzo porro, una cipolla o la parte verde di un cipollotto, patate per 200
grammi, stracciatella di burrata (o burrata), prosciutto tagliato a
striscioline da un gambuccio "nobile", pane frattau, sale, pepe,
burro.
Ricetta
Pulite gli asparagi.
Tutto ciò che non è edibile perché troppo duro o fibroso, lavatelo e mettetelo
a bollire in poca acqua insieme a mezza cipolla (o il verde di un cipollotto) e
a un po' di verde del porro.
Fate fondere del burro in
un filo d'olio aggiungete mezzo porro (la parte bianca) tritato e, quando si è
ammorbidito, gli asparagi, tagliati a tocchetti, tenendone da parte il 15-20 %
delle punte per dopo. Aggiungete un paio di patate di 100 grammi ognuno, pelate
e tagliate a tronchetti. Salate, pepate e aggiungete l'acqua di cottura degli
scarti degli asparagi. Dopo una ventina di minuti, frullate tutto con il mixer
a immersione e rimettete a cuocere a fuoco bassissimo.
Eventualmente mettere un
po' d'acqua se la vellutata risultasse troppo densa. Aggiungere le punte tenute
da parte e far cuocere per altri cinque minuti in modo che queste rimangano
croccanti. A parte tagliate una fettina di prosciutto dal gambuccio e fatene
delle striscioline sottili che friggerete in una padella antiaderente con un
nonnulla di olio fino a renderle croccanti. Servite la crema, mettendo in ogni piatto una montagnola di
stracciatella, una spolverata di pepe e le listarelle di gambuccio che avrete
scolato del loro grasso. Servite a parte del pane frattau o a vostro piacimento
crostini.
Il prosciutto e questo pane rustico ma buonissimo che viene dalla sardegna, a mio avviso danno il giusto equilibrio al sapore forte degli asparagi e a quello ballerino e rinfrescante della burrata. Ci abbiamo bevuto sopra un Cesarini Sforza, spumante trentino classico, che è buono come un Ferrari ma meno frizzante e meno caro di circa un euro rispetto a quest'ultimo.
Il prosciutto e questo pane rustico ma buonissimo che viene dalla sardegna, a mio avviso danno il giusto equilibrio al sapore forte degli asparagi e a quello ballerino e rinfrescante della burrata. Ci abbiamo bevuto sopra un Cesarini Sforza, spumante trentino classico, che è buono come un Ferrari ma meno frizzante e meno caro di circa un euro rispetto a quest'ultimo.
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