giovedì 27 marzo 2014

Padella di anguille e tarassaco

Le anguille si pescano con l'ombrello, mi raccontava mio padre. Questa frase ce l'ho nella testa, ma non ho mai capito fino in fondo come il sistema funzioni. Questo perché non ho mai pescato anguille, anche se vivo ad un passo dalle rive del lago d'Anguillara proprio dove i pescatori locali mettono i loro martavelli per catturare la pregiata, ma non da tutti apprezzata, preda. Ma torniamo all'ombrello. In pratica il problema della pesca all'amo è che l'anguilla, una volta allamata, si attorciglia intorno alla lenza ed è molto difficile srotolarla dal filo. L'anguilla peraltro è praticamente immortale e si continua a muovere per un tempo ragionevole anche quando è fatta a pezzi. In pratica, ogni anguilla una lenza da buttare. Nella la pesca con l'ombrello, al posto della lenza classica si usa un groviglio di lombrichi legati ad un filo senza amo che viene lanciato in acqua e l'anguilla, che con la luna arriva praticamente a riva, attacca avidamente il groviglio vermesco rimanendo attaccato al filo. Qui l'abile pescatore deve essere lesto a tirare su vermi e anguilla che mancando l'amo si distacca per lasciarsi cadere; ma nel frattempo sotto il pesce è stato messo l'ombrello aperto con il manico rivolto in su. L'anguilla che cade è quindi presa dall'ombrello aperto che in pratica si comporta quasi fosse un retino. Già ma perché non si usa il retino? Erano troppo poveri per comprarne uno i pescatori di anguilla d'antan? non è commerciato un retino dal diametro vasto come un ombrello? Varie possibilità, non una risposta certa. Tralasciamo la complessa pesca e dirigiamoci da Toto o da Angeletto, qui ad Anguillara le anguille non mancano. Vive, morte, pulite o come volete voi. Acquistate delle ciriole, quelle piccoline che si cuociono in un non nulla e fatevele tagliare a tocchetti. Il tarassaco lo andrete a prendere in un qualsiasi campo nei pressi del lago; mi raccomando l'aglio, l'unico decente da queste parti ce l'hanno "le ragazze" dietro San Francesco, il resto è tutta roba spagnola o peggio cinese. Preferisco il tarassaco al posto della cicoria (c'è una ricetta napoletana che ne fa uso) perché è più ruvido e più amaro di quest'ultima, così il grasso dell'anguilla sarà stemperato meglio e il dolce di questo strano pesce si rincorrerà avvinghiandosi al sapore dell'erba così come da viva fa con la lenza. Ovviamente la cicoria al posto del tarassaco, andrà benissimo lo stesso. 

La ricetta
Anguille piccole che a Roma chiamano ciriole, pulite e tagliate a tocchetti circa 600 grammi, Tarassaco o altra cicoria, un chilo o meglio una busta del supermercato piena, aglio, olio, peperoncino di quello serio, sale.

Pulire la verdura lessatela e raffreddatela in acqua gelate, gli farà mantenere un bel colore verde, strizzatela bene e tritatela molto grossolanamente. Nel frattempo soffrigete aglio e peperoncino e aggiungete la cicoria dandole una bella "ripassata", mettetela di lato nella padella o in un piatto e nella medesima padella cuocete i tocchetti di ciriole. A fine cottura riaggiungete la cicoria alla padella e fatela insaporire nel grasso delle anguille. Mangiarla calda con un vino frizzante e secco o un bianco che ripulisca le papille, magari con una punta di retrogusto amaro. Non molto alcolico.



Tarassaco, Dente di Leone, Pisciacane, Piscialletto, Soffione (Famiglia Asteraceae)

Il tarassaco (Taraxacum officinale, Weber ex F.H. Wigg, 1780) è una pianta erbacea perenne non particolarmente alta con una lunga e robusta radice a fittone dalla quale si sviluppa la rosetta basale a livello del suolo. Le foglie sono lobate con margine dentato e senza nessun tipo di peluria. I fiori del tarassaco sono giallo vivo raccolti in capolini apicali portati da un lungo stelo alto anche 40 cm, liscio e cavo al suo interno.Da ogni fiore si sviluppa un achenio provvisto del caratteristico pappo. Si trova un po' dappertutto in Europa in prati e pascoli, ma spesso anche in aiuole e giardini.








Il tarassaco è un po' più amaro e coriaceo della cicoria ma ha un gusto simile, piacevoli, quando la pianta è giovane, alcune sue foglie tenere nella misticanza. Mio padre, la inseriva nel cesto delle "cicorie".

domenica 23 marzo 2014

Tortelli di Borragine e Ricotta

Domenica con Agata
Agata è l'ultima arrivata, circa un anno e mezzo fa, in famiglia. È la terza figlia della generazione dei nostri figli, nipote di mio cognato. Va beh quel che si il suo arrivo ha rotto un digiuno di circa sei anni senza nuovi arrivi. È quindi molto festeggiata e viziata per un privilegio che le apparterrà fino all'arrivo del nipote successivo. Intorno a lei si riunisce la famiglia ogni qualche domenica e, lo zio prestigiatore, la zia archeologa, il vecchio patriarca, l'ammiraglio Renato e i mille altri zii e cugini la coccolano come una star. La mamma di Agata insieme a mia figlia ha partecipato a confezionare un bel numero di tortelli di borragine e ricotta. La bontà non era nella complicazione della ricetta ma dall'eccellenza degli ingredienti: uova delle galline della vicina, ricotta di Marco, le cui pecore pascolano qui intorno e borragine che quest'anno è quasi infestante che io avevo raccolto la mattina in una stradina che si inerpica verso il lago di Martignano. Ad Agata per precauzione sono stati serviti solamente la pasta senza ripieno, la presenza di alcuni alcaloidi nella foglia della borragine rendono questa pianta poco adatta a bambini piccoli, anche se la lunga cottura dovrebbero averli eliminati quasi completamente.



Tortelli di Borragine e Ricotta (x 8)
Pasta: 8 uova intere, 350 di Farina bianca, 400 di Semola, più un po', un giro d'olio e un pizzico di sale. L'arrivo di una bella impastatrice, ha di molto facilitato la preparazione dell'impasto, che poi ho lasciato riposare un paio d'ore in frigo.
Ripieno: 500 grammi di borragine ben pulita, 800 grammi di ricotta di pecora setacciata, 100 grammi di un pecorino stagionato circa due mesi grattugiato, pepe nero, sale.
Condimento: burro, parmigiano (più buono è meglio è), qualche foglia di maggiorana
Per servire: fiori di borragine
Tirata la sfoglia si sistema l'impasto e si chiudono con attenzione con un'altra sfoglia; i tortelli si definiscono con un coppapasta dal diametro che vi soddisfa. A me piacciono grandi così che si sistemano quattro o cinque nel piatto. Bastano pochi minuti per cuocerli (2 o 3 a seconda dello spessore della pasta). Scolarli con una schiumarola e condirli mano a mano con il burro a pezzetti e abbondante parmigiano. Arricchite il piatto con i fiori che lo renderanno primaverile e ancora più appetibile.


Borragine (Famiglia Boraginaceae)


La borragine, (Borago officinalis, Linneus) è una pianta erbacea annuale, alta 30-40 cm, ispida per la presenza di una peluria pungente. Possiede una infiorescenza in pannocchia con fiori caratterizzazti da un bel colore azzurro posti su lunghi peduncoli; i fiori posseggono petali uniti, simmetria raggiata con una ampia corolla a cinque lobi. Diffusa in tutta Italia, la borragine cresce in luoghi coltivati, fra le macerie, lungo le siepi.



     
                      



domenica 16 marzo 2014

Crespigno, Grespigno, Lattarolo
, Graspignolo (Famiglia Compositae)

Il crespigno (Sonchus oleraceus Linneo,  1753 ) è una pianta erbacea di solito annuale alta fino ad 1 m, con una robusta radice a fittone provvista di fusti eretti, ramosi dal basso, spesso rosso-violacei e cavi internamente.
Le foglie basali picciolate, riunite dapprima in rosetta, sono molli, opache, di forma molto variabile da lanceolate a roncinate, a triangolari. I fiori sono di un giallo intenso al centro, presentano spesso ligule più chiare esternamente. Si dischiudono di primo mattino e con l'intensificarsi del sole si richiudono dopo poche ore insofferenti al caldo.
Cresce ai bordi dei campi coltivati e delle strade, nei terreni ruderali, nelle vigne,  nei centri abitati tra le fessure dei vecchi muri e finanche dei marciapiedi. Estate e primavera evita solo le più gelate giornate invernale. Plinio il Vecchio sostiene che Teseo se ne nutrì prima di entrare nel labirinto per uccidere il Minotauro.

Il crespigno è buono da mangiare crudo in insalata quando è giovane, mano a mano che cresce va a finire nel pentolone della misticanza bollita a cui da robustezza e complessità. Non manchi mai qualche fogliolina nella insalata di campo, il leggero pizzicorino che le sue foglie spinosette provocano in bocca, stimolano la voglia di fermarsi e di prendere un boccone di pane casareccio che sempre deve accompagnare questo genere di insalata.